Teatro

Edge Festival, una rete di teatro-carcere

Edge Festival, una rete di teatro-carcere

Una rete per promuovere il teatro del disagio, un Edge Network. Dopo Cambridge, Londra, tocca a Roma dove il direttore dell’Edge Festival di Cambridge Matew Taylor e Donatella Massimilla, direttrice artistica dell’edizione romana concludono insieme la prima tornata europea della rassegna, un percorso di laboratori artistici nel sociale, in rapporto anche con le Università di Roma e Cambridge. I trenta e più eventi presentati al Festival romano, tra proiezioni, spettacoli, workshop aperti al pubblico, hanno coinvolto non solo un numeroso ed eterogeneo pubblico, ma anche permesso alle diverse compagnie di incontrarsi e di confrontare i reciproci lavori. Ogni spettacolo ha fatto vibrare le corde dei sentimenti e delle emozioni, rivelando la necessità del fare teatro, la sua essenza più profonda. E' qui, come diceva Artaud a proposito del teatro necessario balinese, che si arriva all'autentica radice del fare teatro, dove non c'è più spazio per le mode e gli stereotipi. Quella che si è andata formando è una Rete dove sono valorizzati luoghi persone, che, spesso ai margini, producono arte povera ma necessaria. Se il Roma Edge Festival ha attraversato il mondo parallelo dei sordomuti, dei down, dei disabili gravi, del pianeta carcere, lo ha fatto regalando una nuova percezione sul piano anche artistico , dovuta all'impegno quotidiano e alla passione dei protagonisti. Senza è pietismo. Lunedì la chiusura nel teatro di Rebibbia, che, come avverte Donatella Massimilla, diviene anche una simbolica apertura con lo spettacolo “Victoria Station”, su testo di Harold Pinter, un testo breve e claustrofobico con soli due attori in scena: un conducente di taxi che deve andare a prendere un passeggero a Victoria Station e la gelida voce di una centralinista che gli chiede di non perdere tempo. Il tassista nel suo angusto abitacolo e "la voce" nel suo gelido ufficio comunicano solitudine e bisogno di contatto rivelando frammenti profondi di sé. Il dialogo che si crea fra i due diventa una metafora della vita stessa. «A me interessa proporre drammaturgie contemporanee come stimolo per riflettere sulla condizione dell'uomo –spiega Donatella Massimilla -, come desiderio di trovare comunicazione tra il dentro e il fuori. Questo è un corto teatrale che può essere proposto come prologo agli spettacoli di prima serata della stagione teatrale romana dando una concreta possibiltà di reinserimento lavorativo all'attore detenuto che esce dal carcere per recitare e rientra la sera». «L'incontro con Pietro Adami, il protagonista maschile, è avvenuto in un laboratorio teatrale all'interno del nuovo complesso del carcere di Rebibbia- racconta -, mi è sembrato perfetto per questo personaggio . Avevo già rappresentato Victoria Station a Milano, al Piccolo, con due attori ex detenuti di S. Vittore. Questa è la prima volta che viene rappresentato con una donna nel ruolo della centralinista. Pinter, come Beckett e Shakespeare, sono sensazionali per il lavoro che faccio, ti riportano a riflettere sulla condizione di vivere in un tempo sospeso come quello carcerario, in condizioni di vita asfittiche . Vorremmo anche, noi del CETEC, proporre questo lavoro come radiodramma, il primo di una serie di lavori pensati per gli attori che vivono o hanno vissuto in carcere».